Quando gli intelligenti si comportano da stupidi

 

Dagli anni Novanta, soprattutto nei paesi nordeuropei, si sta registrando un declino dell’intelligenza

Il Novecento sarà ricordato come il secolo in cui nella maggior parte dei paesi occidentali ci sono stati significativi aumenti dell’intelligenza (effetto Flynn), misurata dai punteggi del quoziente intellettivo (QI). Mentre l’effetto Flynn si sta verificando nei paesi in via di sviluppo, dagli anni Novanta, soprattutto nei paesi nordeuropei, si sta registrando un declino dell’intelligenza. Abbastanza sensibile. Nella percezione comune l’intelligenza è considerata un tratto molto apprezzabile, alla pari o più dell’estetica. In realtà, vi sono prove che elevati livelli di capacità cognitive (che sono le uniche prestazioni che possono essere correttamente definite intelligenza) non bastano perché le persone decidano o giudichino in modi razionali.

Ognuno di noi, nel privato, conosce persone molto intelligenti che si comportano in modi del tutto irrazionali. Un nome pubblico per tutti: Steve Jobs, che a fronte di una diagnosi di cancro decise di curarsi con pseudo-medicine naturali, e la malattia lo portò alla morte inevitabilmente.

Numerosi i premi Nobel scientifici che hanno creduto allo spiritismo, alla telepatia, all’omeopatia, o che hanno negato il ruolo dell’HIV quale causa dell’AIDS e il cambiamento climatico. È di una facilità imbarazzante trovare fisici anche molto autorevoli o famosi che negano l’evoluzione darwiniana, ovvero che dicono inaudite scempiaggini quando su biotecnologie, neuroscienze, economia, psicologia, etc. Anche chimici o i biologi possono esprimere giudizi irrazionali. Medici o ingegneri non sono scienziati e sono più soggetti a condividere credenze irrazionali.

La questione è di interesse sia sociale sia epistemologico. Sul piano sociale queste figure causano danni devastanti, perché consentono di polarizzare le discussioni. Ovvero consentono di dire che: “gli scienziati sull’argomento X sono divisi”. Quindi negano che sia provato ciò che è già provato al di là di ogni ragionevole dubbio: X può stare per ogm, staminali di qualunque genere, cambiamento climatico, rischiosità dei vaccini, l’efficacia dell’omeopatia, psicofarmaci, etc. Il problema non è risolvibile e si può solo sperare che un qualche senso di vergogna o timore per la propria reputazione scientifica riduca la presunzione di poter o dover dire quel che passa per la testa, anzi per la pancia, solo perché ci si è dimostrati intelligenti in qualche ambito.

Da un punto di vista epistemologico o meglio di psicologia cognitiva, il fenomeno è stato largamente studiato e si è visto che i testi di intelligenza non misurano la capacità di fare scelte o giudicare in modi razionali. Gli psicologi cognitivi hanno scoperto da decenni che la razionalità umana è limitata e che decidiamo e giudichiamo ricorrendo a euristiche e bias, che di regola ci fanno sbagliare. Il Nobel per l’economia a Daniel Kanheman, fu dato per aver provato un’incapacità cognitiva, piuttosto che delle capacità, come per esempio l’intelligenza. Dove si situa l’intelligenza nella possibilità di superare i limiti della razionalità umana?

La scuola di Kanheman ha teorizzato che le euristiche e i bias fanno parte di un sistema di pensiero evolutivamente antico e che funziona in modo automatico (sistema 1). Per fare scelte logicamente corrette serve attivare un sistema di pensiero più recente, che è lento e dipende dall’apprendimento e dall’analisi consapevole dei dati (sistema 2).

 

Di regola noi usiamo il sistema1, perché ci costa meno, e solo le persone che imparano a usare la probabilità e la statistica riescono a mettere sotto controllo i bias e le euristiche che ci portano a sbagliare. L’intelligenza sarebbe quell’insieme di algoritmi che apprendiamo per controllare efficacemente il sistema1, ma funziona limitatamente all’ambito in cui ci siamo specializzati. Per essere persone razionali, dobbiamo ricorrere ad altri strumenti cognitivi, che devono tenere a bada non solo euristiche e bias, ma soprattutto emozioni, credenze pseudoscientifiche, teorie del complotto e disfunzioni psicologiche.

Lo psicologo cognitivo Keith Stenovich ha pubblicato diversi libri nei quali dimostra che la razionalità è qualcosa di diverso dall’intelligenza e che l’intelligenza non è sufficiente a prendere decisioni razionali. Nel corso di tre decenni di studi ha costruito un modello dove accanto alla Mente Autonoma (Sistema 1), funzionano due sottosistemi del Sistema 2: la Mente Algoritmica e la Mente Riflessiva. L’intelligenza è il risultato dell’attività della Mente Algoritmica, mentre la razionalità si ha quando la Mente Riflessiva riesca ad attivare, attraverso un adeguato “Mindware” (termine che si riferisce ai processi, alle regole e agli atteggiamenti che si possono apprendere per potenziare un pensiero efficace), la Mente Algoritmica e scavalcare o disabilitare la Mente Autonoma. Il comportamento irrazionale è conseguenza del fallimento del processo di scavalcamento dovuto ad avarizia cognitiva o a problemi di inquinamento del mindware (cioè mancanza di conoscenze, conoscenze male apprese e contaminazione).

Le persone che usano la Mente Riflessiva nel problem solving, ovvero che sono dotate di un mindware strategico, messe di fronte a test dedicati hanno tempi di risposta lunghi e fanno pochi errori, mentre le persone impulsive hanno tempi di risposta brevi e fanno numerosi errori. Stenovich ha messo a punto un test per misurare il quoziente di razionalità.

Le persone e la psicologia di senso comune credono erroneamente di saper rilevare un pensiero distorto o dei pregiudizi attraverso l’introspezione cosciente. Non è così e la psicologia di senso comune è implicata in errori di previsione influenzati dall’affettività (es. l’autoinganno di credere di saper prevedere il proprio stato emotivo futuro). Si pensi a quante persone sono state e sono condannate con false accuse di violenza o molestia sessuale solo perché degli psicoterapeuti (intelligenti) coltivavano credenze false sulla loro capacità di stabilire per via introspettiva l’abuso sessuale infantile, e inventano insieme ai pazienti ricordi funzionali alla credenza, senza mettere in discussione le loro teorie e senza cercare prove indipendenti: il mindware rappresentato da questo sistema di pseudocredenze degli psicologi richiede solo che il paziente e lo terapeuta credano nella storia che si raccontano a vicenda.

Il mindware contaminato porta a scelte disadattive e resiste alla valutazione critica, e può essere molto allettante anche per le persone con un alto QI, non solo per chi ha un QI basso. In un sondaggio sulle convinzioni pseudoscientifiche condotto su soci del Club Mensa, in Canada, costituito da persone con elevato QI (nel 2% più alto), ha mostrato che il 44% credeva nell’astrologia, il 51% nei bioritmi e il 56% nei visitatori extraterrestri.

Il fenomeno della persona che è “intelligente, ma agisce in modo stupido” è ben presente nella cultura comune. Stenovich ritiene esista una disabilità che si può chiamare disrazionalità, ovvero l’incapacità di pensare e comportarsi razionalmente nonostante un’intelligenza adeguata. Analogamente alla dislessia o alla discalculia, dove una disabilità è definita dal fatto che qualcuno manifesta in un dominio di abilità importante risultati inferiori a quelli che ci si aspetterebbe per età, cronologia, intelligenza misurata e educazione appropriata all’età. Sono esempi conosciuti di persone disrazionali, per Stenovich, Martin Heidegger che aderì al nazismo, lo scopritore del tallio William Croole che era spiritista e Kary Mullis, un Nobel che crede all’astrologia, nega il cambiamento climatico e che l’HIV sia causa dell’Aids.

 

Anche l’ex presidente USA George W. Bush, che era una persona dotata di intelligenza spiccata, non aveva disposizioni mentali per usarla in modo efficace, e quindi risultava per i suoi interlocutori insignificante, dogmatico, spesso incauto, mal informato, senza curiosità e non interessato all’apprendimento a meno che non avesse un valore pratico.

Siamo ossessionati dall’intelligenza e gli psicologi dai test del QI. Ma come dice James Flynn, lo scopritore dell’aumento dell’intelligenza, l’intelligenza è solo metà della storia. E l’ossessione per il QI, in positivo o in negativo, è la prova che la razionalità nel Novecento non è aumentata.

di Gilberto Corbellini

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