Un individuo è unico

I bambini considerati belli riusciranno ad intrattenere un maggior numero di relazioni, incrementando il giudizio positivo su loro stessi Anche gli insegnanti tenderanno a privilegiare i bambini più attraenti e avranno un giudizio più positivo su di loro rispetto al rendimento scolastico. La bellezza rappresenta un buon predittore anche per il successo lavorativo. Anche a livello sociale, siamo portati ad interessarci, pensare e interloquire con una persona in maniera differente in base al suo aspetto (Costa, Corazza, 2006).

Vi è anche la tendenza dedurre i tratti della personalità, a partire dalla forma del corpo, che variano in base alla loro cultura, etnia e persino all’età. Ad esempio i corpi classicamente femminili a forma di pera e maschili con le spalle larghe vengono associati a tratti “attivi”, come essere litigiosi, estroversi e irritabili. I corpi maschili e femminili che erano più rettangolari, erano associati a tratti relativamente “passivi”, come essere affabili, timidi, affidabili e calorosi (Hu, Parde, Hill, Mahmood, & O’Toole, 2018).

Inoltre nell’antichità classica, gli artisti avevano il compito di riprodurre statue di personaggi importanti non in maniera fedele, ma idealizzata e con lo scopo di creare corpi non solo attraenti, ma esaltando anche altre doti e virtù.

Alla bellezza vengono associate altre doti, si parla quindi di effetto alone (Edward Thorndike, 1920). Tale effetto è una distorsione cognitiva che fa sì che l’impressione positiva di un singolo tratto di un individuo, oggetto o prodotto incida favorevolmente sulla valutazione di altri tratti non collegati al primo, andando a influenzare il giudizio finale (es. bellezza correlata a personalità e competenza lavorativa).

Gli ideali di bellezza derivano dalle influenze della cultura e della società di appartenenza, dalle influenze dei genitori, dei pari, dei mass media (televisione, riviste, giornali) e dei social media (Facebook, Instagram, Twitter, ecc). Tali ideali vengono interiorizzati.

La società in cui viviamo è profondamente interessata dall’apparenza e dall’esteriorità. Siamo sempre connessi con i social media i quali ci bombardano continuamente di immagini, imponendoci un modello che vogliamo raggiungere.

Numerose persone spendono energie e denaro per la ricerca di un aspetto fisico più gradevole, ricorrendo a esercizi estenuanti in palestra, a diete ferree, all’acquisto di prodotti di bellezza, all’utilizzo di filtri per le immagini sui social network fino ad arrivare alla chirurgia estetica.
Sovente per valorizzare l’immagine di se stessi, si finisce per tralasciare aspetti fondamentali di sè, quali: la personalità, l’intelligenza, le qualità caratteriali, la cultura, i valori, ecc. Negli ultimi anni vi è una tendenza a mettere in evidenza ciò che si vede ad un primo sguardo, a discapito di ciò che è celato alla vista.

Oggi il corpo esprime la misura del valore sociale, diventa un oggetto da esibire e abbellire e per farlo si investono tempo, energie e denaro

Così facendo si sacrifica la propri unicità e autenticità, restando ossessionati dalla ricerca di una bellezza che non esiste. Infatti, solitamente la percezione che si ha di se stessi rispetto all’aspetto esteriore non combacia con quella che gli altri hanno di noi. Spesso, nel dare un giudizio, sia se stessi che sugli altri, ci si rifà al punto di vista socialmente condiviso.

Spesso alle mie pazienti domando“ Perchè vuoi essere come…..? Come mai ti senti sbagliata e in colpa se la tua immagine non assomiglia a …..?”. Solitamente le risposte sono un elenco di difetti fisici e caratteristiche negative che si attribuiscono, ma “Se fossi come la persona X allora avrei successo come lei….piacerei alle persone….Y mi noterebbe…..avrei più amici” ecc. Quando chiedo loro di dire almeno due qualità o caratteristiche positive che si riconoscono, spesso c’è una pausa di silenzio o la risata della forca (sorriso tirato, quasi una smorfia usata per sdrammatizzare un aspetto spiacevole e di sofferenza).

Quando si crea un’eccessiva distanza tra il corpo percepito e quello desiderato, vi è quindi una insoddisfazione per l’immagine corporea (Grogan, 2008), si manifestano i primi comportamenti di controllo, attraverso la ricerca della dieta più efficace o qualsiasi mezzo che permetta di raggiungere il corpo agognato. Quando l’apparenza non corrisponde agli stereotipi, le persone non si sentono soddisfatte del loro aspetto e sperimentano insoddisfazione corporea, con conseguente diminuzione dell’autostima.

Il corpo è il primo elemento con cui si entra in contatto con gli altri ed è un elemento molto importante per lo sviluppo dell’autostima e della definizione del sé. Ci si costruisce un’idea del proprio corpo sia con l’esperienza diretta, ma anche attraverso il confronto con gli altri e le opinioni delle persone significative (genitori, figure parentali importanti, amici). L’adolescenza è il periodo della vita in cui vi è una perenne ricerca di conferme, una tendenza al confronto e una preoccupazione per il possibile giudizio su di sé e sul proprio aspetto. Gli adolescenti esaminato qualunque elemento esterno, i vestiti, i capelli, il trucco, il cellulare, la marca, ecc. Sono dei giudici implacabili e severi e se un coetaneo non rispetta i canoni imposti dalla società, viene additato come diverso ed emarginato. Oggigiorno anche l’adulto, ha bisogno sempre più di conferme sul proprio aspetto fisico, che ricerca negli sguardi e commenti degli altri.

Secondo i dati della Mental Health Foundation, il 22% degli adulti e il 40% dei teenager oggi dichiara che le immagini sui social media condizionano il modo in cui percepiscono il loro aspetto.

Soprattutto le donne seguono i profili di celebrità e vogliono raggiungere la forma fisica e la bellezza che vine presentata loro da quel personaggio famoso. L’esposizione a queste immagini ‘perfette’ crea il rischio di perdere il contatto con la realtà, e di interiorizzare l’idea di dover sempre apparire nella versione perfetta, filtrata ed editata di se stessi.

Mentre si guardano quelle immagini ‘perfette’ non si pensa che non sempre la perfezione che si vede sui social è frutto di madre natura, bensì di un uso sapiente della luce, dei filtri fotografici e magari di un professionista che ritocca ad arte gli scatti. Davanti a quelle immagini immediatamente si fa il paragone con se stessi, tale confronto comporta l’aumento del senso di inadeguatezza, l’insoddisfazione verso il proprio corpo e lo sviluppo di un umore negativo e senso di frustrazione.

La visone di persone ‘prive di difetti fisici’ ha portato ad un utilizzo sempre più frequente di applicazioni per modificare le proprie foto postate sui social (un naso più corto, si snelliscono i fianchi, si assottigliano le caviglie, si eliminano i cuscinetti, ecc.). La nuova immagine originata dopo il fotoritocco social, è priva dei difetti che un individuo si riconosce come tali, la persona si vede come vorrebbe essere. L’utilizzo di queste app può creare aspettative irrealistiche, abbassare l’autostima di chi le utilizza e a voler ricorrere alla chirurgia estetica.

Come dimostrato da diverse ricerche scientifiche, il dilagare dei social media dei social network e l’uso sempre più assiduo di internet, amplifica la spinta a restrizioni dietetiche per avere un corpo sempre più sottile e può scatenare l’insorgenza di un disturbo alimentare.

Inoltre dalla ricerca emerge che un’esposizione massiva di corpi snelli, muscolosi, tonici, veicolati dai social, si assiste al fenomeno opposto ovvero l’evitamento di esporsi pubblicamente.

Questo comporta anche una insoddisfazione corporea e un profondo senso di vergogna, nonché valutazioni negative sul proprio aspetto e lo sviluppo di stati ansiosi (Rodgers et al., 2015).

E’ necessario tenere presente che hanno alcune caratteristiche che li rendono rilevanti riguardo l’influenzare i fruitori e soprattutto rispetto ai disturbi dell’alimentazione.

Tali caratteristiche sono: natura principalmente visiva alcune piattaforme di social networking (es. Instagram) si basano quasi esclusivamente su contenuti fotografici ed è stato dimostrato che all’aumentare del tempo dedicato a questi contenuti e alla loro modificazione aumentino anche i livelli di insoddisfazione per il corpo; alto livello di interazione: i social network permettono un alto livello di interazione fra pari attraverso reazioni codificate (es. like e commenti). Vi è una correlazione tra il ricevere giudizi negativi dai pari e alti livelli di insoddisfazione; possibilità di personalizzare il contenuto informativo e pubblicitario indirizzato a una persona, creando un ambiente online sempre più specifico e basato sulle ricerche precedenti. Proprio per tale motivo le persone con vissuti di insoddisfazione per il proprio corpo, è facile che vengano bersagliate da pubblicità di prodotti legati al mondo del fitness, delle diete e della cosmetica, andando a peggiorare un rapporto disturbato con il proprio corpo e il cibo; aggregazione di persone con interessi specifici, il confronto basato sull’apparenza e la preoccupazione legata all’immagine corporea e al cibo. L’esplorazione di pagine internet a favore dei disturbi alimentari richiama l’idea più ampia di “identità di gruppo”, mettendo in evidenza come questi gruppi online sviluppino un’identità comune, rafforzata dall’ostilità nei confronti degli outgroup, e la fornitura di sostegno sociale per i membri interni al gruppo. Tale identità si rafforza attraverso la normalizzazione delle condotte e dei pensieri riferiti al disturbo alimentare, laddove l’anoressia e la bulimia vengono raffigurate come consapevoli e libere scelte di vita (Rodgers et al., 2013), che nella pratica potrebbero favorire o mantenere il disturbo alimentare stesso; mancanza di supervisione e di moderatori internet può essere un luogo di condivisione e uno spazio sicuro per quelle persone che sperimentano isolamento e vergogna nella vita reale.

I social media, internet e i social network, sono uno strumento che fanno parte della nostra vita quotidiana, può semplificarla o complicarla, dipende dal modo in cui li utilizziamo. E’ importante sviluppare un uso consapevole.

I bambini nascono in una società multimediale, e sono connessi fin da subito ai social, basti pensare alle foto dei nascituri postate sui profili Facebook o Instagram dei familiari. Imparano fin da piccolissimi a utilizzare smartphone e tablet poichè fanno parte del loro quotidiano. Diventa quindi di primaria importanza l’educazione all’uso dei media che favorisca: una maggiore riflessione e distanziamento da modelli spesso irrealistici; che favoriscano lo sviluppo di un pensiero critico nei confronti di ciò che leggono e vedono; che promuova lo sviluppo di una resilienza ai commenti e confronti; che comprendano una distinzione tra ciò che è reale e ciò non lo, favorendo la comprensione che ciò che hanno davanti agli occhi non sempre è veritiero o corrisponde alla realtà; che favorisca un focus di attenzione non solo sull’apparenza ma su ciò che rimane nascosto alla vista e che possono arricchire l’individuo (personalità, intelligenza, valori, cultura, ecc); che favorisca lo sviluppo e il consolidamento dell’autostima, delle caratteristiche individuali e accettazione di sé.

E’ necessario che gli individui tornino a guardare se stessi, gli altri e il mondo che li circonda non attraverso lo schermo di un computer o di un cellulare, ma semplicemente con i propri occhi. Che riscoprano da soli cosa piace loro e cosa no, senza accettare acriticamente come bello qualcosa o qualcuno che gli è stato ‘imposto’. E’ importante che le persone si prendano il tempo per riscoprire l’importanza delle peculiarità che caratterizzano ciascun individuo, quelle particolarità che non si notano all’apparenza, ma che rendono affascinante, interessante e unico un individuo.

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